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Channel: Cantina della Volta – DiVini
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Dieci vini memorabili in 12 mesi

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Tutto è racchiuso nell’attimo prima di sollevare il bicchiere, nell’attesa che avvenga qualcosa da ricordare. Ci sono vini osannati e super votati. E altri memorabili.

Quelli che replicano momenti magici. Non solo per il liquido nelle bottiglie. Conta chi ha pensato e voluto questi vini, e chi c’era attorno al tavolo quando sono stati scoperti. Ecco le 10 bottiglie che hanno segnato gli incontri del 2016 (le prime tre sono altrettante idee per il brindisi di fine anno).

1. Scalando tornanti tra le vigne, si arriva a Verla di Giovo. Alfio Garzetti gira tra le autoclavi, la cantina è deserta. È la più antica della Val di Cembra, Alfio l’ha fatta rinascere assieme a Bruno Zanotelli. Tutto sembra immerso nell’aria pura di montagna. Alfio racconta le difficoltà dei primi anni, pochi soldi e tanto vino non ancora pronto. Poi porta sul tavolone di legno chiaro la bottiglia della svolta, il Dosaggio Zero Riserva 2008. «Questo ha una marcia in più», dice. Ed è come se la purezza dell’aria entrasse nella stanza. Il vino è verticale come la vetta del Monte Corona da dove arriva. Solo Chardonnay, avvolgente e sapido. Torno in città con l’idea che Alfio, il vignaiolo montano lontano dai riflettori, ha fatto centro.

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Richard Geoffroy

2. Richard Geoffroy, lo chef de cave di Dom Pérignon, mi invita a pranzo alla résidence de Trianon, a Epernay, dopo una lunga intervista-degustazione all’Abbazia di Hautvillers. Se Richard è il Re Sole dello Champagne, Trianon è la sua Versailles. Palme, limoni, rose, un trionfo più che un giardino. Richard si commuove parlando del padre, che fu presidente del sindacato dei Vignerons. La parola ricorrente dello chef de cave è armonia, «la capiscono e la vivono solo francesi, italiani e giapponesi». L’armonia in forma liquida è il Dom Pérignon P2 del 1998, così stordente all’assaggio nella ascetica Abbazia che Richard decide di cambiare menù e di farlo servire con i gamberi turchi e il piccione.

Bellei all'Osteria Francescana

Bellei all’Osteria Francescana

3. Con Christian Bellei, che ha sbiancato il Lambrusco. Un uomo che ama sorprendere. Fuori c’è il Secchia, il fiume che sommerse tutto nel 2014, bottiglie e computer. È Emilia, ma per Christian a Bomporto è come trovarsi nella regione dello Champagne. Come il padre corre in auto, avanti e indietro, ad Epernay ogni volta che ha bisogno di mettere a punto un vino. Porta all’Osteria Francescana l’ultimo nato, lo Spumante 2012. Il Lambrusco è avvolto da una pellicola rossa, si svela togliendolo. È bianco, in linea con l’atmosfera silenziosamente zen della Francescana. Vecchie e niove strade, perfetto con il Ricordo del panino alla mortadella di Bottura.

Nino Barraco nel vigneto di uva Grillo Rina Vecchia

Nino Barraco nel vigneto di uva Grillo Rina Vecchia

4. Se ti arrivano a casa un produttore abruzzese d’altri tempi come Emidio Pepe (Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo) e un critico intransigente come Sandro Sangiorgi, talent scout di vini naturali, che bottiglia si apre? Sangiorgi ha già il sopracciglio alzato: lo abbassa vedendo il Vignammare 2015 di Nino Barraco, un vignaiolo che sognava la politica e ha trovato la terra. Ritrovo questo Grillo, «profondamente libero, tra i più salini del mondo», nell’ultimo libro di Jonathan Nossiter, «Insurrezione culturale». Per me è il vino della salvezza.

Costas Kostantakis

Costas Kostantakis

5. In vacanza a Milos, in Grecia, un fuoristrada perde il carico di pomodori. I turisti in costume da bagno aiutano Milos Kostantakis a raccoglierli. È un contadino tosto, sotto il sole nei campi dall’alba a sera. Rifornisce l’isola di cocomeri e horta, il radichietto greco. La sua passione è il vino: ci porta nella cantina scavata nella roccia bianca. C’è la sua Retsina del 2013. Cancellate in un sorso le orride bottiglie delle trattorie greche. Questa è una rivelazione, la resina di pino illumina il vino. Costas Kostantakis lo sa e sorride: non vuole far soldi e esportare, vuole che la sua Retsina si beva tutta a Milos, per far capire che per quel vino tanto disprezzato è iniziata una nuova vita.

Giorgio Mercandelli

Giorgio Mercandelli

6. Quello con Giorgio Mercandelli è l’incontro più straniante dell’anno. In un ristorante specializzato in grigliate di carne vicino a corso Como. Scelta strana, nella Milano bollente di agosto, per un cultore dell’alimentazione naturale. La sua compagna porta il pane (eccellente) fatto in casa. Lui i vini Riluce, da bere caldi (lì sorseggia a fatica, «mi pare di bere me stesso e mi fa senso»). Parla più di fisica che di enologia. In un congresso di sommelier sarebbe allontanato come un marziano. Ma i suoi vini, soprattutto il Rosso 2007, sono stellari, la purezza dell’uva, da tavole imperiali (infatti piacciono a Akihito).

Riccardo Illy e Andrea Machetti

Riccardo Illy e Andrea Machetti

7. Una sera, in una vecchia trattoria di Montalcino, Riccardo Illy racconta i suoi viaggi giovanili in Grecia con la moto, i giri in barca con il suocero per le isole della ex Jugoslavia, la prima volta a casa Veronelli per un corso sul vino. Si interrompe solo quando viene stappato il suo Brunello, il Vigna Loreto 2012. Poche ore prima era stato assaggiato il vino appena finito in botte dalla vendemmia 2016. La purezza di un bambino che si ritrova anni dopo, con le stesse caratteristiche, nella maturità.

 

Richard Gere a Taormina

Richard Gere a Taormina

8. A Taormina Richard Gere cena poco distante dal produttore di Barolo Paolo Damilano, che ha appena presentato il Cannubi Riserva 2006. Serata di gala. Tutti fanno scudo all’attore, vietato parlargli. Quando arrivano i dolci, in un momento di distrazione dello staff, ci avviciniamo. E lui racconta dei suoi ristoranti, dell’ascesa del vino italiano, del Barolo. Gli piace e si porta via la bottiglia, scomparendo nella notte di Taormina.

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Luca Gardini e i produttori invitati al matrimonio

9. Mauro Mascarello, con lo sguardo serio, osserva il matrimonio del super sommelier Luca Gardini: parte il trenino già all’aperitivo. Tutto intorno è festa clamorosa, rumorosa, divertita, con in testa il prete romagnolo che ha celebrato. Tra un coro e un brindisi, Mascarello racconta il suo primo esportatore, un intellettuale americano inammorato del suo Barolo Monprivato. Il 2011 non ha rivali, è il più acclamato della festa.

Bruno e Bruna Giacosa

Bruno e Bruna Giacosa

10. Alessandro Roscioli, nella sua Salumeria-ristorante di Roma, racconta e racconta. Quando arrivò Lou Reed, e si avvicinò sentendo una sua canzone nel locale. «Lei sa chi è questo cantante?», chiese. Silenzio. Era lui stesso, ignorato come un debuttante. Diverso destino per Juan Carlos, a pranzo con un amico: ordinò a Roscioli un Barolo Falletto 2012 di Bruno Giacosa. Una bottiglia memorabile.


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